Un'arca di Noè acustica per salvare dall'oblio i suoni della tecnologia di una volta. Ma le voci degli uomini?
Si può crescere senza aver conosciuto il suono delle dita sulla tastiera, nell'epoca in cui ogni dispositivo diventa touch? Se la risposta è no, allora vale la pena di prenotare una visita al museo dei suoni a rischio d'estinzione. Se invece la risposta è sì, va bene lo stesso proseguire con la lettura. C'è sempre qualcosa di strano da conoscere.
L'idea del museo acustico è sbocciata nella testa, o sarebbe il caso di dire nei timpani, dell'americano Brendan Chilcutt. Il sito del Museo vale proprio la pena di visitarlo, se non fosse per lo stile e la curiosità di risentire certi suoni una volta così familiari. Lui è mosso dalla più sincera filantropia: mettere a disposizione delle future generazioni quella cacofonia indimenticabile che era la voce delle tecnologie di una volta, e anche di intere generazioni. I primi, storici cellulari Nokia, i modem analogici, i telefoni a rotella, l'avvio di Windows 95, il Tamagotchi (che fatica ricordare come si scrive) e molto altro rumore di una volta, adesso sono considerati oggetti degni di entrare in un museo. Se questa è la cifra della cultura odierna, è proprio vero che è meglio il silenzio. Moralismi a parte, il valore del progetto sembra scaturire anche dalla traduzione di questi suoni "preistorici" in codice binario, per facilitarne la trasmissione nel futuro e forse il riutilizzo. Save the Sound!