E' il risultato del più imponente progetto di ricerca a tema, condotto su oltre 400 mila pazienti da studiosi del National Cancer Institute (NCI).
L'apprezzatissima bevanda nera, ricavata dalla macinazione dei semi degli alberi del genere Coffea(Coffea canephora e Coffea arabica le specie più note), è salita e scesa dal banco degli imputati in numerose occasioni a seguito di specifici studi. Per vederci più chiaro i ricercatori del National Cancer Institute hanno condotto un imponente e prolungato studio di osservazione che ha coinvolto oltre 400 mila persone, uomini e donne in una fascia di età compresa tra i 50 ed i 71 anni. Lo studio, avviato nel biennio 1995-1996 e conclusosi il 31 dicembre 2008, è stato realizzato attraverso la compilazione di un questionario di ingresso e su successivi controlli clinici, sino al decesso o alla data prestabilita per la fine del progetto. I risultati, in qualche modo, sono sorprendenti: i bevitori di caffè hanno meno probabilità di morire per ictus, malattie dell'apparato cardiocircolatorio, malattie respiratorie, diabete, infezioni e persino lesioni e ferite di vario tipo. Dal punto di vista statistico il rischio di mortalità è risultatoridotto del 10% negli uomini e del 16% nelle donne, tuttavia i ricercatori non hanno riscontrato alcuna associazione “benefica” con le patologie di tipo tumorale (per gli uomini è stato individuato un leggerissimo aumento -statisticamente irrilevante- del rischio di decesso per cancro).
Sebbene i risultati siano estremamente interessanti, gli studiosi -coordinati dal professor Neal Freedman della Division of Cancer Epidemiology and Genetics del NCI- tengono a precisare che, per quanto imponente, si è trattato di un “semplice” studio di osservazione che non ha contemplato parametri come la tipologia e la preparazione del caffè utilizzato. Se infatti esso è bollito, filtrato, espresso e via discorrendo si possono alterare tutti i fattori relativi alla riduzione del rischio di mortalità, fattori non presi in esame dallo studio.
“Il caffè -spiega il professor Freedman- è una delle bevande più consumate negli USA e l'associazione tra il suo consumo e la riduzione del rischio di mortalità, per diverse cause, è apparsa evidente nel nostro studio”. Il dato è risultato significativo per chi consumava “tre o più tazze di caffè al giorno”, tuttavia lo studio è stato condotto negli USA e senza tenere in considerazione la tipologia di caffè utilizzata, dunque i quantitativi indicati sono assolutamente generici.
Naturalmente i ricercatori non consigliano di gettarsi a capofitto sulla nera bevanda, dato che l'abuso è chiaramente nocivo per la salute ed in particolar modo per l'apparato cardiocircolatorio: “Oltre alla caffeina -ha concluso Neal Freedman- il caffè contiene un migliaio di sostanze tra le quali alcune possono avere effetti benefici ed altre potenzialmente dannosi per la salute umana, proseguendo nei nostri studi cercheremo di comprendere quali sono i meccanismi alla base del vantaggio che abbiamo individuato”. Nonostante la buona notizia per gli abituali consumatori di caffè, data la delicatezza della sostanza il miglior consiglio è sempre quello di ascoltare il proprio medico. I risultati del progetto di ricerca condotto dal National Cancer Institute sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine.